NONNI A DISTANZA

Delle volte, quando vado al nido a riprendere Federico, mi capita di incontrare molti nonni. Sono li, fuori dalla porta, che aspettano impazienti che venga aperta, per andare a “recuperare” il nipotino. Spesso discutono tra loro per l’organizzazione. “IO LO PRENDO E GLI METTO LE SCARPETTE”, dice la nonna. “SI MA RICORDATI IL CAPPELLINO CHE IL SOLE PICCHIA”, risponde il nonno. E poi, quando viene aperta la porta, si catapultano dentro, dimenticandosi di tutti i “preparativi”. Ma la cosa più bella è l’espressione dei bimbi quando li vedono. Gli corrono tra le braccia felici , perché già sanno, secondo me, che li aspetta un pomeriggio di coccole e capricci. Ed è proprio davanti a quegli abbracci pieni d’amore, che mi assale un senso di angoscia. Perché il mio Fede, non sa cosa voglia dire essere coccolato e viziato dai nonni, almeno non nella vita di tutti i giorni. Ne conosce la sorpresa di vederli fuori la porta della classe al momento dell’uscita. Ma non perché non ce li abbia. Al contrario è molto fortunato, perché oltre ad avere 4 nonni su 4, ha anche 6 bisnonni, e tra l’altro tutti molto giovani. Ma vivono ad Anzio (in provincia di Roma), mentre noi siamo a Reggio Emilia.
Quando, più di 10 anni fa, in balia di una crisi esistenziale ho deciso di trasferirmi al Nord, in cerca della mia strada professionale, non pensavo a questo momento. E neanche quando mio marito (anche lui di Anzio) , due anni dopo, ha mollato tutto e mi ha raggiunta. Abbiamo iniziato la nostra vita insieme, comprato la nostra casetta e, nell’ agosto 2011 abbiamo deciso di sposarci. Ed è sempre stato tutto perfetto. Non nascondo che qualche momento di nostalgia ha colpito anche me, da sempre coinvolta in un rapporto di “amore e odio” con mia mamma. La mia migliore amica, la mia migliore confidente…. Ma anche la persona con la quale mi scontro di più. Ma è quando ho scoperto di essere incinta che ho iniziato a farmi delle serie domande sul mio vivere a 500 km dal mio paese di origine. Mi immaginavo coccolata da tutti, soprattutto dagli ottimi piatti delle mie nonne, mentre io, magari, me ne stavo con il mio pancione sul divano a poltrire. Ma così non è stato… se non nei periodi in cui, a casa in maternità, ho deciso di “tornare in patria”. Ho fatto i conti con la decisione presa anni prima, ed ho affrontato la mia maternità, circondata da nuove amiche conosciute al corso preparto tra un giro al supermercato e uno al parco. Ho cucinato molto di più del solito, e mai come in quel momento, ho dedicato anima e corpo alle faccende domestiche. E non è che mi sia particolarmente dispiaciuto, solo che ero sempre li a domandarmi, come sarebbe stato vivere ancora nel mio paese. Mettiamoci poi che Anzio è sul mare, e che Federico è nato a settembre, viene da se che luglio e agosto, questa domanda mi martellava dalla mattina alla sera nella testa, perché con il mio bel pancione di quasi 9 mesi, me ne sarei potuta stare in ammollo nelle spiagge del mio paese, piuttosto che nella rovente Reggio Emilia.
E poi è arrivato Federico, e mia mamma è venuta a stare da noi qualche settimana mentre mio padre, mia sorella e i miei suoceri si sono fermati solo qualche giorno. Ma niente bolgia di parenti in ospedale, niente via via in casa di ziee e cugine che non vedevo da anni. E anche questo aspetto, devo dire che non mi è affatto dispiaciuto. Già ero alle prese con un allattamento partito malissimo e finito ancor prima di iniziare, ci mancavano solo i parenti in casa e l’esaurimento era dietro la porta insieme a loro.
Diciamo che la nostalgia, quella vera, è arrivata quando mia madre è ripartita, Pietro ha ripreso il lavoro, e io mi sono trovata in casa, sola, con questo piccolo fagotto urlante, e con la brutta stagione alle porte. E, ipocrisia a parte, all’inizio si ha davvero bisogno di un aiuto, di qualcuno che ci prepari anche solo un piatto di pasta, o che ci sproni a farci una doccia, offrendoci della braccia di “ricambio”. Ma come si dice in questi casi… “AIUTATI CHE DIO TI AIUTA”. E così è stato. Lasciati a casa i MA e i SE…. E imbracciato passeggino e ovetto, ho passato gran parte delle mie mattine all’aria aperta, scoprendo la bellezza della vita da mamma “solitaria”, nella quale nessuno, mi propinava consigli e paranoie inutili.
Ma resta il fatto che, quando sentivo i racconti delle mie amiche, in cui le mamme erano sempre presenti con pasti caldi e cambi braccia disponibili, un po’ di magone arrivava. Oppure quando mi raccontavano della montagna di biancheria stirata dalla suocera, e dalle faccende domestiche fatte dalla zia, mentre casa mia sembrava sempre appena stata bombardata, ed io uscivo come una “scappata di casa”.
Ma come per ogni cosa, ci vuole solo un po’ di pratica. Infatti ben presto i rimpianti sul mio trasferimento sono scomparsi, per lasciare spazio ad un senso di appagamento e di soddisfazione. Perché in fin dei conti, se non nel primissimo periodo, tutto è diventato gestibile e molto semplice. Senza contare che ho la fortuna di avere un marito che mi ha sempre sostenuta dando il suo netto contributo in casa e soprattutto con Federico.
E poi, dopo circa un mese dalla sua nascita, abbiamo affrontato il primo viaggio verso Anzio. Lo abbiamo presentato a tutta la famiglia e ci siamo concessi dei fantastici giorni di relax e di aiuti. E ho apprezzato talmente tanto quei giorni che io e Fede ci siamo trattenuti una settimana in più, lasciando che il paparino ripartisse da solo, regalandogli una settimana di notti lisce come l’olio. Fede è stato coccolato dai nonni, dai bisnonni, dalla zia e da tutti gli amici di famiglia che arrivavano in casa con doni e braccia pronte a cullarlo, mentre io me la godevo tra palestra, parrucchiere ed estetista. Ma non tanto perché non vedessi l’ora di liberarmi di lui, quanto perché proprio non potevo farcela a sopportare tutti quei famosi “consigli non richiesti” che puntualmente arrivavano su ogni argomento. Quindi lo lasciavo con mia mamma e le sue amiche, che felici se lo spupazzavano in mia assenza. Ed ho capito che in fin dei conti non è così male vivere lontana dal pese di origine. Perché, se dopo una settimana ero già stanca di tutto quel via via, figuriamoci come avrei affrontato la situazione se fosse stata l’abitudine?!?!?
Certo, resta il fatto che la nostalgia di casa, quella in cui sono nata e cresciuta, rimane. Resta anche il fatto che il pensiero che per il mio bimbo, i nonni, saranno solo delle persone che vedrà nelle occasioni speciali, mi fa molto dispiacere, soprattutto se penso che, ancora oggi, per me sono un grande punto di forza. Ma non sempre nella vita tutto va come abbiamo pianificato. Credo però che l’importante è sempre far dei nostri “limiti”, il nostro punto di forza. Fede infatti va al nido da quando aveva 5 mesi, cosa che molto probabilmente non sarebbe successa se avessi vissuto vicino ai miei genitori. E sapete una cosa?? Adoro vederlo interagire con altri bimbi, soprattutto quando al mattino gli si stampa un sorrisone gigante su quel bel musino, ogni volta che varchiamo la porta della sua classe. E poi è sempre bello tornare ad Anzio , e concederci dei periodi più o meno lunghi in famiglia, dove tutte le attenzioni sono per lui e per le sue esigenze. Probabilmente la nostra vita sarebbe stata molto più semplice se non vivessimo lontani, soprattutto quando le “epidemie virali” si abbattono su casa nostra, ed io puntualmente sono bloccata in casa per almeno due settimane, tra febbroni e raffreddori. Ma va bene così, non rimpiango nulla, perché la mia vita lontana dagli affetti, mi ha permesso di avere un lavoro che amo e di far crescere la famiglia fantastica che ho oggi, e soprattutto di scoprire  l’amore più grande che una donna possa provare. Quello per suo figlio.

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